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Il ritorno del latino 09:24 - 9 Marzo 2005

Esce a Napoli il primo manuale scolastico che, invece di partire dalla grammatica, tratta Cicerone come fosse «lingua viva» Ma i prof non si fidano Alcuni aggiornano pure il vocabolario alle esigenze della modernità: grattacielo? Si dice «caeliscalpium»..
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Caeliscálpium, ovvero grattacielo.Sphaerigraphum: penna a sfera. E anche navis sideralis e instrumentum computatorium rispettivamente per astronave e computer...

Il latino parlerebbe così, se fosse ancora lingua viva. Epperò c'è pure chi la tratta come un idioma tuttora in uso e, mentre una flessione d'interesse per gli studi latini si registra un po' dovunque in Europa, nuove metodologie d'insegnamento risvegliano l'attenzione intorno alla lingua dei Cesari. Due le tendenze: alcuni si fermano al rinnovamento della didattica, altri sostengono la necessità dell'aggiornamento, creando ex novo vocaboli legati alla modernità.

Un piccola editrice del napoletano, Italibri, ha addirittura edito uno dei primi testi scolastici di latino moderno pubblicati in Italia (Linguae Latinae Schola, due volumi per il biennio superiore), avendo peraltro già avviata una collana di classici. «Le pubblicazioni sono ispirate all'utilizzo del latino come un linguaggio corrente - dice Giampiero Scafoglio , ricercatore dell'università di Napoli - non diversamente dall'italiano o dall'inglese, nell'ambito di un approccio didattico noto come "metodo naturale". Si studia cioè il latino (invece che attraverso l'acquisizione sistematica e mnemonica delle regole) in modo diretto e intuitivo attraverso testi appositamente preparati, corredati di commento e apparato didattico in latino.

Un metodo proposto da Hans Oerberg (autore di un celebre manuale degli anni Cinquanta, pubblicato da Loescher), praticato in Europa da decenni ma giunto in Italia solo negli anni Novanta e ancora poco conosciuto dai docenti».

«In effetti la necessità di un nuovo approccio didattico con la lingua latina è avvertita da almeno un secolo - aggiunge il professor Luciano Cicu dell'università di Sassari -. Sabatino e Pascoli furono tra i primi sostenitori del rinnovamento, che si ispira ai principi della glottodidattica, parte ndo dal lessico e innestandovi la grammatica non più come punto di arrivo, ma quale strumento dell'insegnamento». E come nascono i neologismi? «Per analogia, quando è possibile. Ed è la necessità della pratica che fa l'attualità del linguaggio (la Chiesa, ad esempio, utilizza il latino come lingua viva nella stesura delle encicliche). Ma più che l'aggiornamento del vocabolario, praticato solo da una parte degli studiosi, è il metodo d'insegnamento al centro dell'odierno dibattito sulla lingua».

Perché è importante rivitalizzare l'insegnamento del latino? Cicu: «Il latino è l'italiano antico, contiene i valori della nostra civiltà. Trascurarlo significa perdere la possibilità di capire le letterature europee e non comprendere i valori che quella lingua porta con sé». «C'è poi una ragione intrinseca e attuale - interviene Géneviéve Immè, studiosa francese di fama internazionale e propugnatrice di un ammodernamento anche lessicale della lingua -, cioè che il latino rappresenta in Europa un motivo di unità, strettamente connesso con la ricerca di un'identità europea. È dunque grave che venga confinato nell'archivio delle lingue morte».

Il latino moderno, ispirato ai nuovi criteri didattici, è diffuso in tutt'Europa, coltivato in vari contesti accademici e scolastici, il più noto e autorevole dei quali è il Dipartimento di Neulatein («latino nuovo») dell'università di Saarbrucken, diretto dal professor Caelestis Heickenser, dove si pubblica la rivista Vox Latina a cui è abbinata una collana di testi monografici. «Nel sistema delle Scuole europee (una rete di 14 Licei sperimentali internazionali, con ormai 50 anni di esperienza, promossi dalla Ue) - sostiene Giuseppe Fiora, docente di latino alla Scuola europea di Lussemburgo - il latino ha la funzione precipua di essere il laboratorio ove svolgere una riflessione sui meccanismi della lingua, sulla comparazione fra strutture differenti e sulle modalità di passaggio dall'una all'altra. È evidente che, in questo quadro, l'approccio grammaticale non può funzionare: troppo tardi si giunge ad affrontare i testi, troppo tardi si manifesta l'utilità del lavoro propedeutico.

La soluzione consiste in una didattica che, assai impegnativa per l'insegnante, permette tuttavia di ottenere in tempi brevi risultati lusinghieri. Fin dal primo giorno gli allievi si trovano a leggere (e non a tradurre) testi latini, nei quali pervengono a identificare strutture ricorrenti; che, una volta note, utilizzeranno poi per cominciare a produrre essi stessi testi differenti».

Spesso le sedi del rinnovamento si ispirano alle ricerche della rivista vaticana Latinitas, ma altrettanto spesso hanno canali di approfondimento autonomi. Non mancano, e sono anzi diffusissimi in tutti i Paesi europei, incontri, certami, fogli e persino complessi musicali e programmi radiofonici, soprattutto in Scandinavia. Ma la questione più scottante riguarda l'insegnamento, spesso svolto - soprattutto in Italia - in modo tradizionale, con una palese diffidenza nei riguardi delle innovazioni. «Al di là delle divergenze e dei punti di vista - sottolinea infine Giampiero Scafoglio - è importante tener vivo il dibattito, tanto più ora che la riforma della scuola rischia di ridurre ulteriormente il peso del latino».



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