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Le Palme, la nostra festa 09:39 - 17 Marzo 2005

I ragazzi? Risorsa decisiva fin dalla «Gmg di Gerusalemme» Celebrare le Palme richiama l’urgenza di accogliere Cristo come salvatore della propria vita, accettando di seguirlo
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Nel giorno dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, fra tutti, i ragazzi ed i giovani di quella folla, delirante di gioia, meglio (ne) intuirono il significato rinnovatore e festivo; e non sapendo come dare all’improvvisata manifestazione lo splendore che meritava, essi principalmente proruppero in acclamazioni (...); e strappati dei rami (...) si dettero ad agitarli festosamente.

Così diceva Paolo VI ai giovani, invitati a celebrare la Domenica delle Palme a Roma nell’anno santo del 1975. La medesima intuizione - di questo "protagonismo profetico" delle nuove generazioni - ha condotto Giovanni Paolo II a fare della solennità che apre la Settimana Santa un appuntamento fisso per la gioventù di tutto il mondo.

Chi, in quel giorno fatidico, ebbe l’intuizione che Gesù di Nazareth, il Maestro che parlava con autorità, era il Messia, il figlio di David, il Salvatore atteso e promesso? Fu il popolo, e i più entusiasti ed attivi fra il popolo furono i giovani, che divennero così, in un qualche modo, gli "araldi" del Messia. (Omelia nella Domenica delle Palme, 1999).

Al di là delle molteplici forme che l’appuntamento di domenica prossima assumerà in ciascuna diocesi, il significato di fondo rimane questo: riconoscere che nella Chiesa - e nella società - i giovani rappresentano una risorsa importante. Come in quella "prima Gmg" di Gerusalemme, ai giovani è dato non solo di intuire che l’incontro con Cristo è la questione seria della vita, ma di poterlo esprimere con modalità e linguaggi inediti e "trasgressivi".

Per le nuove generazioni, celebrare le Palme richiama quindi l’urgenza di riconoscere e accogliere Cristo come salvatore delle propria vita, accettando di seguirlo per la via impegnativa della croce. Oggi come ieri, è soprattutto ai giovani che viene proposto di essere "araldi del Messia", perché sono loro a potersi e doversi misurare con le sfide che i tempi nuovi pongono innanzi al Vangelo e alla Chiesa.

Per gli adulti (Chiesa, società, famiglia, scuola...), la fe sta delle Palme costituisce invece un monito a mettersi in ascolto attento dei giovani - senza pregiudizi - e ad offrire loro occasioni per essere autenticamente protagonisti, proponendo un modo inedito di essere uomini e cristiani in "questo" mondo. Non abbiamo bisogno di un’altra "festa dei giovani", né ad essi serve un’ulteriore occasione per stare insieme tra loro: ne hanno già tante.

Una domenica delle Palme che si rispetti deve togliere i giovani dal ghetto della propria autoreferenzialità (spesso comoda) per metterli al centro della vita e dei progetti della comunità. La XX Gmg propone di scorgere nei giovani quasi dei "nuovi Magi", capaci, nonostante tutto, di tracciare una strada che porta al Dio che si fa presente in modo inedito nella storia. Il pellegrino, nel suo mettersi in viaggio, è figura trasgressiva (trans-gredi, andare al-di-là); egli denuncia la radicale insufficienza di ogni stabilità, di ogni assetto costituito, di fronte alla perenne novità di Dio; al tempo stesso, rappresenta la possibilità concreta di trovare strade nuove (e nuovi modi di essere) per lasciarsi incontrare da Lui.

Vent’anni di Gmg hanno messo la gioventù in cammino, dietro la croce: ne sono scaturiti frutti di bene e di testimonianza cristiana. È tempo che la comunità adulta abbandono il ruolo di spettatrice, per lasciarsi coinvolgere nell’esaltante avventura di scoprire e seguire la novità di Dio, perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore (S. Benedetto, Regola, III, 3). * direttore del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile



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