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Facebook e il problema della sicurezza 16:18 - 13 Luglio 2012

Facebook lancia il “malware checkpoint”, ma il modo migliore per proteggere i propri dati resta la capacità di non divulgarli.
Le ultime politiche di Facebook sono quelle di promuovere la sicurezza online. Con una campagna mirata a indirizzare gli utenti verso antivirus sia gratuiti sia a pagamento, il colosso di Zuckerberg intende diffondere questi software.
Nulla di sbagliato in tutto questo. Tuttavia, siamo abituati a non distinguere più fra interesse verso l'utenza e interesse verso i profitti economici. Soprattutto dopo il flop sui mercati del social più seguito al mondo. Pochi giorni fa Facebook ha annunciato il “Malware Checkpoint”, un tool studiato per proteggere il proprio computer da eventuali minacce esterne.
Mediante il Checkpoint sarà possibile accedere direttamente agli strumenti più utilizzati nel settore, come Microsoft Security Essential e McAfee Scan and Repair. Entrambi sono gratuiti, fanno bene e consentono una protezione adeguata. Per chi utilizza Macintosh, invece, l'indirizzamento andrà alla pagina ufficiale di Apple relativa agli aggiornamenti di sicurezza per OS X.
Ma il pericolo maggiore sui social corre su un altro binario. E riguarda la diffusione dei propri dati personali. Non ci stancheremo mai di dirlo: il pishing (furto di informazioni) trova uno dei suoi canali migliori proprio nella distrazione dell'utente medio. Inconsapevolmente, gli iscritti forniscono dettagli sulla propria vita, sulle abitudini, sui luoghi in cui si trova, oltre a dati più o meno completi utili per costruire un codice fiscale. Con pochi elementi, un esperto della truffa online può fingersi di essere qualcun altro e compiere anche operazioni commerciali.
E non solo. Qualche tempo fa è nato un sito dal titolo “Sappiamo quello che stai facendo” (We Know What You're Doing), che sottolinea proprio questo. Il diciottenne americano che lo ha creato ha mostrato come sia pericoloso inserire contenuti privati sui social. Privati fino ad un certo punto, perché dopo la pubblicazione diventano immediatamente di portata pubblica.
Certo può sembrare simpatico e concorde con l'andamento di una comunity, ma raccontare che si è reduci dai postumi di una sbronza, lamentarsi del proprio capo ufficio e/o professore, ammettere l'assunzione di sostanze o lasciare persino il proprio numero di telefono, può non essere una buona idea. Chiunque le può leggere. E possono aprire la strada a seccature più o meno ampie, molestie telefoniche, truffe.
Dello stesso tenore un altro sito “PleaseRobMe!”, nel quale dei programmatori avevano mostrato come fosse facile, per un eventuale malintenzionato, venire a conoscenza di abitazioni senza inquilino. In che modo? Semplicemente controllando i tweet e i check-in su Foursquare di persone che comunicavano ai loro follower di dover assentarsi per un po'.
Strano, ma è proprio così. Il modo migliore per evitare pasticci è quello di fare sempre attenzione durante la navigazione, imparare a non scrivere e a non condividere nulla di compromettente, utilizzare il web con la testa e non con l'impulso.
Come sempre, apri gli occhi, resta sveglio.


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